NOW PLAYING: “I can change”, B. Flowers
Ha preso il sapore di cloro anche questa: la mascherina numero 9 non si sottrae al destino in cui sono incappate anche quelle che l’hanno preceduta.
E’ che tutto ciò che è successo negli ultimi mesi, passa da lì, dall’acqua della piscina comunale.
Pure le bevute involontarie e la mascherina che sa di cloro quando torni a casa.
Non pensavo certo che qualcuno riuscisse a convincermi ad andare a sgambettare in acqua due volte a settimana per tutta la stagione. Insomma, l’aver detto di sì ha spiazzato persino me.
Mi è bastata la prima lezione per capire che mi stavo facendo un regalo.
All’inizio, e a lungo, spostare con tanta fatica quell’enorme massa liquida con le braccia stanche di starsene arrese lungo il corpo o con le gambe sfibrate da tanto inutile andare, mi ha permesso di buttar fuori intere serate di rabbia. Non pensavo di averne tanta addosso, eppure eccola che si opponeva al movimento di allontanarla da me, si faceva azzurro pesante e mi si appiccicava al corpo. Almeno così potevo vederla, però. Ho cominciato a scalciarla via con le gambe sempre più alto a fendere la resistenza dell’acqua. Per ore ho avuto davanti le facce e le parole di quelli che mi facevano perdere tempo, ragione, senso e per ore e ore mi sono sfiancata a prenderle a pedate, ad allontanarle con le braccia come se fosse l’unica cosa davvero importante.
Le giornate amare che mi portavo giù scendendo la scaletta, quando risalivo restavano lì, a fondo.
Poi è venuto il tempo di mettere a fuoco i moti più silenziosi e insinuanti, i desideri, le ubbie, i timori tirati sotto il tappeto. Lì ho ritrovato una vecchia abitudine: correre. Immersa fino alle spalle ho riconosciuto quella magia di vedersi tutto chiaro davanti a forza di battere i piedi, solo che senza peso vai, e vai come se non ci fosse un domani e per paradosso riesci a toccare con mano tutte le zavorre che ti porti sul corpo e sull’anima.
Non pensavo e poi è diventato quasi un gioco, quasi come campare, come esistere, come vivere: la confidenza acquisita in lunghe sorsate per tentare di restare in equilibrio su un ridicolo tubo colorato di gomma o sulle sole forze delle tue braccia o gambe, ti ricorda che è tutta una questione di azione e reazione. Che se dosi al meglio il movimento puoi sfruttare la spinta uguale e contraria che te ne ritorna dall’acqua, per fare un salto avanti, invece che solo un passo.
Un passo alla volta non mi basta stavolta, c’è da andare avanti sfruttando la corrente, tendendo i muscoli, scivolando ancora e ancora, approfittando di quando il peso è meno, senza spaventarsi se la resistenza a crescere pare ostacolo, perché le gambe diventano piano piano più forti e la voglia di camminare, di correre, quella ce l’ho sempre dentro, anche se a volte tiene il muso sott’acqua.